La tardiva fatturazione se non ha recato un danno erariale si configura come una violazione formale per la quale peraltro, è applicabile l’istituto del cumulo giuridico. A fornire questa indicazione è la Cassazione con la sentenza 16450 depositata ieri che sembra modificare il precedente orientamento.
La vicenda trae origine dall’impugnazione di una società avverso un atto di irrogazione di sanzioni, con il quale l’ufficio contestava l’emissione tardiva delle fatture di vendita. La contribuente eccepiva l’illegittimità del provvedimento per assenza di un danno erariale e comunque per non aver applicato il cumulo giuridico, pur trattandosi di più violazioni formali della stessa indole. Entrambi i giudici di merito accoglievano le doglianze della società e l’Agenzia ricorreva in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma. Secondo l’Ufficio si trattava di una violazione sostanziale per la quale era preclusa l’applicazione del cumulo giuridico.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che le fattispecie trasgressive si suddividono in tre categorie: violazioni sostanziali: che pregiudicano l’azione di controllo e rilevano anche ai fini della quantificazione dell’imponibile e dell’imposta; violazioni formali: che non incidono sull’imposta o sull’imponibile, ma solo sull’azione di controllo; violazioni meramente formali: che non arrecano alcun pregiudizio e non incidono sulla determinazione dell’imposta e dell’imponibile.
La Cassazione ha evidenziato che un primo criterio per l’individuazione di violazioni sostanziali e formali (non meramente formali) si ravvisa nella sanzione: di regola, infatti, è commisurata in misura percentuale all’imposta dovuta e non versata.
In ogni caso, però, la Suprema Corte ha precisato che tale valutazione non risponde a un criterio normativo rigido e indeclinabile ma postula un riscontro in concreto sull’ offensività della condotta rispetto alla quantificazione dell’imponibile o dell’imposta. Tale conclusione rispetta anche il principio di proporzionalità affermato dalla Corte Ue in materia di sanzioni, secondo il quale non possono eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’Iva (C-272/13).