Affitti brevi, il reddito d’impresa rischia di moltiplicare gli obblighi
Il regime fiscale delle locazioni brevi disciplinato dall’articolo 4, commi 2 e 3 del Dl 50/2017 si applica solo in caso di destinazione alla locazione di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo di imposta; negli altri casi l’attività di locazione, da chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale (commi da 595 a 597 della legge 178/2020).
In effetti l’affermazione secondo cui il possesso e la locazione di cinque o più appartamenti per ciascun periodo di imposta, sposti il contribuente dalla sfera dei redditi fondiari a quella di reddito di impresa è molto forte. La norma richiama espressamente l’articolo 2082 del Codice civile, il quale definisce imprenditore che esercita professionalmente una attività economica organizzata e non sembra che sia tale la locazione stagionale di cinque appartamenti.
Confermando le perplessità in ordine ad una classificazione definitiva di questa attività nell’ambito della sfera dell’impresa, esaminiamo in questa sede quali sarebbero le conseguenze.
Anche se la norma non ne fa cenno, ne consegue l’obbligo della apertura della partita. La conseguenza della apertura della partita Iva richiede la iscrizione nel Registro delle imprese con le conseguenze derivanti di iscrizione Inps se il proprietario- locatore non ha altra posizione previdenziale.
L’attività di locazione è esente da Iva in base all’articolo 10, punto 8, del Dpr 633/1972, ad eccezione del caso in cui il locatore sia il costruttore della abitazione ed opti per la applicazione dell’Iva la cui aliquota è del 10 per cento. Conviene al locatore esercitare l’opzione prevista dall’articolo 36-bis del Dpr 633/1972 per la dispensa dagli adempimenti, che comporta l’esonero dall’obbligo di fatturazione, registrazione (che rimane per gli acquisti) e quindi di dichiarazione, trattandosi di sole operazioni esenti. Per gli affitti riscossi il locatore si limiterà a fare le ricevute nello stesso modo che avrebbe fatto come privato.
Imposte dirette
La classificazione come attività di impresa ha come conseguenza che il titolare dei diritti reali sugli immobili non può rientrare nei redditi fondiari, tant’è che il comma 595 esclude espressamente la applicazione della cedolare secca; quindi rientra nel reddito di impresa. Questo comporta la tenuta della contabilità semplificata.
Il reddito degli immobili abitativi rientra nel primo comma dell’articolo 90 del Tuir essendo la fattispecie relativa a fabbricati abitativi e quindi patrimonio. Il reddito viene determinato ai sensi dell’articolo 90 del Tuir. Quindi per gli immobili locati si assume il canone di locazione risultante dal contratto (criterio di competenza) e possono essere dedotte le spese di manutenzione ordinaria fino al limite del 15% del canone medesimo. Se il risultato è inferiore alla rendita catastale rivalutata del 5%, si dichiara quest’ultima.
Non sono deducibili gli altri costi e spese ad eccezione (unica consolazione) degli interessi passivi di finanziamento sostenuti per l’acquisto degli immobili patrimonio (articolo 1, comma 35, legge 244/2007).
Non è necessario anzi è inopportuno che i fabbricati diventino beni dell’impresa ai sensi dell’articolo 65 del Tuir perché comunque gli ammortamenti sarebbero non deducibili e genererebbero plusvalenza in caso di cessione. Quindi non è necessaria alcuna annotazione degli appartamenti destinati alla locazione breve nei registri contabili.
Viene abrogata la norma contenuta nel Dl 50/2017 che demandava al ministero l’emanazione dei criteri per stabilire quando l’attività di locazione breve sarebbe rientrata nelle attività di impresa, in quanto già assolto.
Si ricorda che la locazione superiore a trenta giorni e quindi non breve non comporta la classificazione come attività di impresa anche se i fabbricati affittati sono più di quattro.