In manovra il rialzo del limite del contante a 3mila euro
Nella manovra del governo è stata paventata la possibilità che Il tetto sia rialzato probabilmente a 3mila euro.
La conferma è arrivata direttamente dalla presidente del consiglio. «Metteremo mano al tetto – ha spiegato Giorgia Meloni nella sua replica al Senato sulla fiducia – che penalizza i più poveri e rischia di non favorire la nostra competitività».
All’inizio la notizia del deposito da parte della Lega di un disegno di legge alla Camera (prima firma Alberto Bagnai) per alzare il limite a 10mila euro, ma questa mossa può essere letta nella chiave della competizione interna alla maggioranza, giocata con la corsa a intestarsi per primi i temi più popolari nel centrodestra. Il nuovo livello giudicato oggi più probabile è appunto quello dei 3mila euro.
Il limite è indicato nel decreto antiriciclaggio (Dlgs 231/2007, articolo 49) ma si è mosso continuamente. Il suo penultimo assetto ha previsto la discesa da 3mila a 2mila euro dal 1° luglio 2020, per arrivare a mille euro dal 1° gennaio 2022. Nel Milleproroghe dello scorso anno, però, contro il parere del governo Draghi il Parlamento è riuscito a rispostare la soglia a 2mila euro, da marzo scorso, posticipando al 1° gennaio prossimo il ritorno in campo del limite ai mille euro. Che però non ci sarà per l’intervento appunto della manovra, con il ritorno probabile dell’asticella a 3mila euro.
In generale la battaglia vede il centrosinistra spingere per abbassare il limite, e il centrodestra per alzarlo. Ma non sempre è stato così. In senso contrario decise di muoversi da premier Matteo Renzi nel 2015, quando riportò a 3mila euro il tetto allora in vigore a mille euro. La decisione, annunciata in radio, suscitò una certa sorpresa anche nel ministro dell’Economia Padoan, che però la avallò sostenendo che «non è vero che aumentando il contante ne segue un aumento dell’evasione». Ha avuto gioco facile a ricordarlo a Palazzo Madama la stessa Meloni per ribattere alle obiezioni del centrosinistra; nella ricostruzione della premier, però, non ha trovato spazio il capitolo successivo della vicenda in cui Padoan, terminato il governo Renzi, disse che quella scelta «fu un errore».
Se è sicura la carica polemica che il tema porta con sé, più incerto è in effetti nella letteratura economica il legame fra limiti unitari ai pagamenti in contanti e spinta all’evasione fiscale. In sintesi, si può dire che la prova di questo collegamento non c’è, ma ci sono alcuni indizi importanti. Come quelli elencati nello studio pubblicato nell’ottobre 2021 da Bankitalia con il titolo evocativo «Pecunia olet», secondo cui «un aumento della quota di transazioni in contanti determinerebbe, a parità di condizioni, un incremento dell’incidenza dell’economia sommersa…Le metodologie adottate presentano alcuni limiti – avvertiva lo studio rilanciato dal senatore Dem Antonio Misiani – ma il lavoro mostra che le restrizioni all’uso del contante possono essere efficaci nel contrasto all’evasione».
Nello stesso senso spinge anche la commissione Ue, che nelle Raccomandazioni rivolte all’Italia nel 2019 chiedeva di «potenziare i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti».
Le «Raccomandazioni specifiche» incidono sul Pnrr, che infatti nel filone della «digitalizzazione» (missione 1, componente 1-103) promuove i pagamenti elettronici, ma senza prescrivere tetti alle banconote.
L’obiettivo era di «prevedere efficaci sanzioni amministrative in caso di rifiuto dei fornitori privati di accettare pagamenti elettronici». Ed è stato raggiunto nel primo semestre 2022 ponendo fine alla lunga litania di proroghe che avevano fin lì fermato le multe ai commercianti che si rifiutavano di utilizzare i Pos. «Senza accordi comunitari tocca agli Stati membri decidere il tetto – spiega da Bruxelles il vicepresidente della commissione Ue Valdis Dombrovskis -, preferiremmo massimali più bassi possibile»